PAROLE CONSAPEVOLI NELLA DANZA DELLA VITA

PAROLE CONSAPEVOLI NELLA DANZA DELLA VITA

Il counseling è una professione che prevalentemente usa la parola e in parallelo il corpo, prendendo la sua intrinseca forza dall’uso consapevole di questi “strumenti”.

Tre parole possono favorire l’apertura del nostro sguardo a ciò che essenzialmente ci caratterizza come esseri
umani e, contemporaneamente, sono base fondante della relazione di counseling:
Accoglienza, Equilibrio e Gentilezza.

L’Accoglienza, il cui significato può essere letto come il ricevere qualcuno o qualcosa, ma anche accettare,(Etimologia: dal latino accolligere, da colligere cogliere, raccogliere; a sua volta questo è composto da co-insieme e lègere raccogliere) è il primo atto di una relazione tra pari. Non c’è chi sa e chi deve imparare inquesto incontro.

Ci si apre alle infinite possibilità di uno scambio che coinvolge appieno le due persone chein seguito saranno entrambe diverse, arricchite dei nuovi singoli significati. L’Accoglienza è quindi un’apertura
che permette di raccogliere insieme. Chi accoglie rende partecipe di qualcosa di proprio, si offre, si spalanca verso l’altro diventando un tutt’uno con lui, in uno scambio reciproco che procede come una danza.

Parlando di Equilibrio (Etimologia: dal latino aequilibrium, composto di aequi- ‘uguale’ e libra ‘bilancia’) la
prima immagine che mi sorge è quella di un dipinto di Guariento di Arpo (1310-1370) e in particolare i suoi
angeli nell’atto di pesare le anime con una bilancia. Nell’antica religione egizia era prassi compiere una
cerimonia, Psicostasia (più comunemente detta pesatura del cuore o dell’anima), a cui veniva sottoposto il
defunto prima di poter accedere all’aldilà. In tempi odierni il termine equilibrio viene associato
principalmente ad uno stato fisico a cui tendere, a forze contrapposte in continuo movimento.

Quello che siamo chiamati a vivere si confronta, quindi, in questo andirivieni che ha a che fare con la nostra fisicità, materialità, ma anche, o soprattutto, con la parte più profonda di noi, l’anima. Anche questo movimento può ricordare una danza che, quando arriva ad essere armonioso, diventa il nostro personale ed unico capolavoro nell’arte di vivere.

Quale sarà allora il giusto equilibrio che ci porta ad una vita piena? Mi viene in mente una definizione che ho preso da una cara amica, che peraltro può essere applicata anche in altri ambiti: “q.b.”, ossia il famoso quanto basta utilizzato in cucina. Il q.b. personale, dato che non esiste un q.b. universale con la giusta misura che si adatti perfettamente a tutti, sarà quello che in questo andirivieni fisico, mentale ed emotivo che è la vita, pur subendo queste forze, permette di restare padroni di sé e di non essere ostaggio delle emozioni inconsapevoli che ci abitano. Il q.b. ottimale sarà quello che consente di rimanere in movimento e, quindi, consapevolmente vivi perché il cambiamento è vita e, nello stesso tempo, armonizza il nostro procedere, senza scatti o posizioni troppo estreme.

Infine, tentiamo di definire la Gentilezza (Etimologia nella prima accezione, traduzione del greco: ethnikos,
da ethnos razza, gente – che nell’antico testamento è usato per indicare il popolo pagano non ebreo; nella
seconda dal latino: gentilis della stessa famiglia, da gens formazione famigliare allargata, da gignere generare – intendendo i generati da un medesimo mitico capostipite).

Guardando all’etimologia latina, viene spontaneo chiedersi: che cos’era una “gens” nell’antica Roma? Si trattava di una formazione sociale sovrafamiliare patrizia – un po’ come se fosse una famiglia nobile allargata, un clan a cui appartengono molte famiglie. Gli appartenenti alla stessa gens avevano dei reciproci doveri di assistenza e difesa, oltre che il diritto di successione ereditaria in mancanza di parenti prossimi, e condividevano i luoghi di sepoltura.

Così l’essere “gentili” implicava un comportamento più fraterno rispetto a quello tenuto con estranei di altre gentes. Le neuroscienze hanno poi dimostrato che chi pratica la gentilezza, ne è oggetto o osserva atti di gentilezza tra altre persone, ne trae un immediato beneficio anche a livello fisico in quanto innesca delle risposte biochimiche capaci di promuovere la salute. La Gentilezza è, quindi, ciò che permette il fluire nelle vicende della vita con maggiore facilità, felicità, salute e grazia e non un puro dovere socialmente utile e condiviso.

Accogliere, cercare e mantenere nel movimento della vita il proprio Equilibrio, facendolo con Gentilezza, non perché siamo buoni, ma perché ne abbiamo capito la valenza e l’efficacia.

Ecco che la consapevolezza che possiamo raggiungere nel confronto e nella co-costruzione di nuovi significati, propri del counseling, spalanca la porta attraverso la quale possono transitare non solo i momenti difficili e/o dolorosi, ma anche le vicende della nostra esistenza che mano a mano creano un senso eccitante, creativo ed entusiasmante ai nostri giorni.

La scelta ad ognuno di noi!!

Anna Mason – Referente S.I.Co. Regione Veneto