Considerazioni S.I.Co. relative alla posizione dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte

Considerazioni S.I.Co. relative alla posizione dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte

S.I.Co. Società Italiana di Counseling
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A: Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte
P.c. Presidente Nazionale dell’ordine degli Psicologi. All’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

Prot. /2010

Gent.mo

siamo venuti a conoscenza della posizione assunta dal Vs. Ordine, e pubblicata sul Vs. sito, relativamente alla figura del “Counselor”. A tale proposito ci permettiamo di trasmetterVi alcune nostre considerazioni al fine di collaborare nell’intento di continuare a fare chiarezza sulle nostre figure professionali a tutela dei singoli professionisti, delle strutture sia pubbliche che private e dell’utenza.

“Dal sito dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte (14 Gennaio 2010)

Counselling: la posizione dell’Ordine

Lo scrivente Ordine degli Psicologi del Piemonte ha ricevuto numerose segnalazioni da parte di propri iscritti aventi ad oggetto la figura del “counsellor”, sempre più spesso operante nell’ambito degli Enti ed Aziende pubbliche.

A fronte di tale situazione, l’Ordine ritiene di dover prendere formale posizione sulla questione, non solo a garanzia dei propri iscritti e della Professione stessa, ma anche, e soprattutto, a tutela di coloro che, rivolgendosi ad Amministrazioni pubbliche, fanno affidamento sulla preparazione e competenza professionale del personale messo a loro disposizione.

La presente informativa concerne il solo “counselling” in senso stretto e proprio, mentre non riguarda, ovviamente, le attività di consulenza e di supporto, velatamente intese, che fanno normalmente parte dell’esercizio di professioni riconosciute (medicina, fisioterapia, logopedia, etc…).

Come noto, la legge n. 56/1989 Definisce la professione di psicologo stabilendo che essa “comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico 2 rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito” (art. 1 Cit. Legge). Trattasi all’evidenza di un ambito molto ampio, che abilita lo “psicologo” ad operare efficacemente in moltissimi settori: clinico, sociale, psicologia del lavoro, benessere psico-fisico e crescita personale (crescita emotiva, cognitiva, relazionale, etc.). Ciò vale, appunto, per lo “psicologo”: cioè per il soggetto che abbia conseguito l’abilitazione a svolgere la propria attività in ambito psicologico mediante l’esame di Stato e l’iscrizione all’apposito Albo professionale. Tutto ciò che rientra nell’ambito di attività sopra descritto è, quindi, ex lege riservato agli psicologi regolarmente abilitati ed iscritti all’Albo (in tal senso, TAR Lazio, Roma, sez. I, 17 marzo 1998, n. 1049).

La figura del “consulente di psicologia”, o “counsellor” che dir si voglia, non trova riconoscimento nella predetta legge n. 56/1989, Né in altre leggi dello Stato. L’unico dato allo stato “ufficiale” relativo a tale figura professionale si rinviene nell’elenco del CNEL sulle associazioni delle professioni cd. “Libere”, cioè non regolamentate, in cui risultano iscritte 11 associazioni/società di “counselling”. E’ bene, tuttavia, far notare – così contrastando le dichiarazioni inveritiere sovente diffuse al riguardo nei messaggi pubblicitari, nelle locandine, su pagine Web, etc. – Che si tratta non di “riconoscimento” in senso proprio, ma di semplice “presa d’atto”, da parte del CNEL, dell’esistenza di soggetti giuridici che dichiarano di svolgere una certa professione. Ciò si evince dal V rapporto CNEL di monitoraggio sulle professioni regolamentate, in cui si afferma chiaramente che “sia la Banca dati che l’Elenco qui contenuti esprimono unicamente un intento conoscitivo”, portando “a conoscenza di chi sia interessato la parte emersa del mondo delle professioni non regolamentate, per quello che il CNEL è riuscito a evidenziare” (v. Rapporto cit., Pag. 6).

D’altro canto, in base al Regolamento per l’iscrizione approvato dallo stesso CNEL, la registrazione nel suddetto elenco è esclusivamente subordinata alla verifica, svolta sulla base dello Statuto e di ogni altra documentazione idonea, che l’Associazione richiedente descriva le “prestazioni professionali ritenute fondamentali, in quanto caratterizzanti la professione, rese dagli associati” . Oltre all’accertamento degli altri specifici requisiti di cui all’art. 2 Del citato regolamento (quali, tra gli altri, l’esistenza di un ordinamento interno a base democratica, l’assenza di fini di lucro, la tutela degli utenti del servizio reso, etc.),

Il CNEL si limita, quindi, semplicemente a richiedere e prendere atto, mediante registrazione, dell’oggetto “fondamentale” della professione svolta dagli iscritti all’Associazione, come individuato e descritto dall’Associazione medesima. Nessun altro tipo di verifica è condotta dal CNEL ai detti fini; né vengono condotti accertamenti in punto legittimità o meno dell’esercizio, da parte degli iscritti all’Associazione richiedente, della professione descritta.

E’ evidente, pertanto, che la mera iscrizione di Società ed Associazioni varie di “couselling” nell’ambito dell’elenco CNEL non comporta ex se che il cd. Counsellor sia figura legittimamente abilitata alla prestazione di tutti i servizi professionali per i quali si 3 propone e per i quali viene sempre più sovente richiesto nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni.

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Ci complimentiamo e ringraziamo il Presidente e i componenti dell’Ordine degli psicologi del Piemonte che finalmente hanno fatto una lettura corretta della realtà giuridica relativa al counseling, disconfermando in modo autorevole le infinite affermazioni “inveritiere” che circolano ormai da anni come ampiamente esposto nella Vs. comunicazione.

Essendo la più antica (e forse unica) associazione professionale con determinate caratteristiche e scopi, ci permettiamo di fare alcuni ulteriori chiarimenti con l’obbiettivo di tutelare la professione e i seri professionisti che rappresentiamo, ed in particolare l’utenza che ha la sacrosanta necessità di essere correttamente informata e tutelata.

I counselor che la S.I.Co. controlla tramite un esame professionale per essere iscritti (simile ad un esame di stato), il rispetto di un codice deontologico, (visionabile nel sito www.sicoitalia.it), norme che prevedono la sospensione dell’accreditamento fino all’espulsione per condotta scorretta … (come previsto da ogni ordine professionale), l’obbligo di una effettiva assicurazione professionale (e non una assicurazione sui rischi generici), oltre ad un consenso informato da distribuire ai propri clienti, (allegato 1) sono professionisti che non millantano competenze che non appartengono loro.

Questi professionisti sono tenuti ad un aggiornamento professionale simile ai più famosi ECM, con l’obbligo di dimostrare sia l’aggiornamento che la supervisione sul proprio lavoro, pena la cancellazione dal Registro Italiano dei Counselor.

Dunque crediamo di poter affermare che sono professionisti dei quali ci si possa fidare perché adeguatamente formati, costantemente controllati da una Associazione professionale di categoria, coscienti di svolgere esclusivamente la propria competenza professionale, coerenti e capaci di indirizzare a colleghi con specifiche competenze professionali altre, qualora se ne ravvisi la necessità.

E’ importante un’altra precisazione: il Counseling (o Counselling come usano alcuni di derivazione anglosassone), non è consulenza psicologica come da voi affermato.

Ci preme questa considerazione, che la S.I.Co. ha fatto già nel 1998, perché una consulenza psicologica è propria di uno psicologo che ha conoscenze specifiche nella propria materia e non è campo del counselor. (Il counselor è il professionista, il counseling è l’attività professionale)

Relativamente alla definizione dell’attività professionale la S.I.Co. l’ha trasmessa al CNEL nel 1999. Nel 2000 la S.I.Co. viene chiamata a far parte della commissione delle associazioni non regolamentate, che si è poi sciolta al termine della legislatura del Dr. De Rita (allegato2)

La S.I.Co. è già presente presso il CNEL nel precedentemente IV rapporto.

Continua “Posizione dell’Ordine Occorrerà, quindi, di volta in volta verificare se lo specifico servizio che si intende affidare al counsellor rientri o meno nell’ambito di competenza “regolamentato” – e “riservato” – della professione di psicologo, e ciò tenendo conto sia del tipo di incarico che in concreto si va ad affidare, sia degli strumenti di indagine e delle tecniche di intervento che si renderanno necessari ai fini dell’espletamento del medesimo. Al riguardo, sulla base delle segnalazioni pervenute (principalmente afferenti l’impiego di tale figura professionale in ospedali, scuole, aziende sanitarie, consultori, etc.), Questo Ordine ha potuto riscontrare che gran parte delle attività svolte (e degli strumenti utilizzati) dai counsellors rientrano nell’area del “sostegno psicologico”, senz’altro riconducibile all’ambito delle competenze riservate agli psicologi ex art. 1 L. 56/1989. D’altro canto, ove così non fosse, non si capirebbe perché in molte strutture pubbliche venga richiesto agli psicologi di fare da “tutor” agli aspiranti tirocinanti counsellors.

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E’ corretto dire che la mera iscrizione al CNEL non abiliti ad effettuare nessun tipo di attività per le quali alcuni si propongono sia in organizzazioni private e pubbliche. La legittimità all’attività di counseling la dà l’insieme di garanzie che l’associazione professionale ha dichiarato e si assume nei confronti dei propri iscritti accreditati. Senza dubbio strumenti di indagine e tecniche specifiche di intervento psicologico non appartengono al counseling che invece si avvale di modalità relazionali. Evitando di entrare nella ormai superata diatriba dove finisce il counseling e dove inizia l’intervento psicologico o psicoterapeutico, ci permettiamo di fare riferimento al consenso informato della S.I.Co.

Fermo restando, che colui che, consegna il consenso informato e poi fa altro è passibile di denuncia e adeguato processo sull’illecito operato.

Invece sulla deduzione che viene fatta relativamente all’uso di Tutor psicologi durante i tirocini dei counselor nelle strutture pubbliche (e aggiungiamo anche private) anche la S.I.Co. lo ritiene scorretto.

Infatti la S.I.Co. nelle sue regolamentazioni richiede che la supervisione del tirocinio sia effettuato da un professional counselor (che tradotto significa da un counselor che ha una esperienza lavorativa documentata di almeno tre anni per un minimo di 1050 ore, 100 ore di aggiornamento professionale e 30 ore di supervisione) e non da un semplice psicologo.

Cosa diversa è se il professional counselor è uno psicologo che dopo la sua laurea ha effettuato una formazione in counseling e abbia ottemperato ai criteri su esposti. In questo caso non si parla più di un semplice psicologo, ma di uno psicologo counselor che oltre alle competenze dello psicologo ha acquisito anche quelle del counselor, come previsto dalla S.I.Co.

Da tali considerazioni discendono importanti conseguenze per i diversi soggetti coinvolti nel quadro sopra delineato:

  • in primo luogo, i “cousellors” che dovessero esercitare attività ed utilizzare strumenti di indagine ex lege riservati agli psicologi abilitati ed iscritti all’albo incorrerebbero in responsabilità penale ex art. 348 C.P. Per il reato di esercizio abusivo della professione (v. Sul punto Cass. Pen. Sez. VI, 5 giugno 2006, n. 22274; Tribunale di Milano, sez. IX, 11 giugno 2009; sulla “riserva” in favore degli psicologi, v. TAR Lazio, Roma, sez. I, 17 marzo 1998, n. 1049);
  • Dal canto loro, gli psicologi che dovessero insegnare a counsellors “l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo” incorrerebbero nella violazione dell’art. 21 Del Codice deontologico degli psicologi italiani;
  • infine, le strutture/enti, pubblici e non, che dovessero affidare a “counsellors” incarichi che, per il loro oggetto e/o gli strumenti di indagine utilizzati, dovessero rientrare nell’ambito delle competenze riservate agli psicologi abilitati e dal cui espletamento derivassero danni di qualsivoglia tipo per l’utenza, sarebbero chiamati a risponderne nelle competenti sedi, civili e se del caso anche penali, sotto il profilo dell’affidamento a personale privo delle necessarie competenze professionali.

Per tutte le ragioni sin qui illustrate, quindi, l’Ordine scrivente invita gli Enti/Aziende in indirizzo a ad astenersi dall’affidare a figure professionali diverse dallo psicologo abilitato ed iscritto all’Albo lo svolgimento di incarichi che, per oggetto e strumenti utilizzati, siano riconducibili nell’ambito delle competenze riservate dalla L. 56/1989 Agli psicologi. Per le stesse ragioni, invita altresì gli Enti/Aziende predetti ad astenersi dall’imporre agli psicologi, loro dipendenti e/o collaboratori, lo svolgimento della funzione di “tutor” in favore degli aspiranti counsellors.

IL PRESIDENTE
Dr. Paolo BARCUCCI

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Relativamente alle considerazioni finali ci permettiamo di ridefinire in una forma collaborativa alcune affermazioni:

Come già ribadito i counselor (la S.I.Co. ha scelto di italianizzare l’uso intraducibile delle parole counselor e counseling, dunque per il plurale non aggiunge la s), che dovessero svolgere attività diverse dalla propria, debbono essere inquisiti per abuso di professione, come pure gli psicologi che “insegnano strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo” incorrerebbero nella violazione dell’art. 21 Del Codice deontologico degli psicologi italiani.

In questo secondo caso, per non fare del terrorismo psicologico, che non giova né alle scuole di formazione, ne agli psicologi tutti, riteniamo sia utile precisare che quando si parla di strumenti conoscitivi e di intervento si fa riferimento a test diagnostici (che sono di esclusiva competenza dello psicologo, infatti lo psicologo è deputato a emettere diagnosi assumendosi la responsabilità di ciò che dichiara di fronte alla legge; il counselor non emette diagnosi. Ha competenze di psicopatologia per poter riconoscere una eventuale patologia che non è di sua competenza trattare e poter inviare il cliente che si può essere rivolto a questo semplicemente per asimmetria informativa, e indirizzarlo allo specialista di competenza, appunto psicologo o psicoterapeuta.)

Ci troviamo assolutamente d’accordo nel sollecitare una attenta valutazione da parte delle strutture pubbliche e private a valutare correttamente l’affidamento degli incarichi professionali a tutela dei clienti/utenti facendo riferimento a quanto dichiarato dall’ordine degli psicologi e dall’associazione professionale di riferimento che dia le più adeguate garanzie all’utenza.

La S.I.Co. in quasi 15 anni di attività ritiene di aver ampiamente dimostrato competenza, correttezza e rigore, potendo offrire garanzie reali, non con manifesti programmatici, ma confrontandosi con le proprie autoregolamentazioni all’interno di aule di tribunali penali.

Come siamo assolutamente d’accordo che nessuna struttura debba imporre agli psicologi, ai loro dipendenti e/o collaboratori, lo svolgimento della funzione di “tutor” in favore degli aspiranti counselor, e questo non perché è vietato dalla legge sugli psicologi, ma perché sarebbe improprio che un professionista altro faccia da tutor (che significa supervisionare una attività professionale specifica) ad un altro tipo di professionista.

Nel concludere questo nostro intervento ci teniamo a ribadire che in tutti questi anni la S.I.Co. non si è mai schierata contro o in opposizione con i colleghi psicologi o psicoterapeuti con i quali intende da sempre collaborare con intelligenza, ognuno per le proprie competenze, evitando di creare inutili steccati, o pensare a riserve ordinistiche non più sostenibili in un sistema professionale in continua evoluzione, ma sostenendo da sempre elevate competenze debitamente controllate, per garantire un sempre più elevato profilo professionale, affiancabile ad altre figure professionali vicine.

Dunque nel totale rispetto delle specificità professionali e dei rispettivi ambiti di intervento professionale, siamo al Vs. fianco nella tutela dei professionisti da ognuno rappresentati, nel dovere che ci compete nel diminuire l’asimmetria informativa in difesa dei clienti/utenti.

Ringraziandovi dell’attenzione inviamo cordiali saluti.

Per il C.d.A. della S.I.Co.

Allegato 1

(BOZZA) Consenso informato e autorizzazione al trattamento dei dati personali. Mi dichiaro informato/a che gli incontri con il Sig./Dr. (nome, cognome e Cod. Fis. del counselor), iscritto al Registro Italiano dei Counselor della S.I.Co., si configurano in un rapporto professionale di Counseling, fondato esclusivamente sulla relazione interpersonale. Durante gli incontri di Counseling non saranno effettuate cure mediche, nè psicologiche, nè tanto meno ristrutturazioni della personalità o diagnosi, come non saranno somministrati test psicologici riservati alla professione dello psicologo. Si ribadisce che gli incontri di counseling non hanno finalità terapeutiche, di cura o diagnosi riservati allo psicologo, allo psicoterapeuta, al medico generico o allo psichiatra. Sono consapevole che qualora il Sig. /Dr. (nome e cognome del counselor), rilevasse la necessità di un intervento più specifico per la mia persona mi indirizzerà a figure professionali di riferimento specifiche. Inoltre consapevole che i miei dati personali e ogni tipo di informazione sulla mia persona verrà trattata secondo quanto previsto dal D. Lgs. 30.6.2003, n.196.

Io sottoscritto (dati cliente)

Cod. Fisc. (dati cliente)

Autorizzo il trattamento dei dati relativi alla mia persona.

Data

Firma

Informativa ai sensi del Decreto Legislativo 30 Giugno 2003, n° 196 “Codice in materia del trattamento dei dati personali”