ABSTRACT WORKSHOP

ABSTRACT  WORKSHOP

14° CONGRESSO INTERNAZIONALE S.I.Co. 28 e 29 OTTOBRE 2017

 

Workshop 1Franco Gnudi – “Lezione di Coaching”

 L’incontro esplorerà inizialmente le assonanze e le specificità dell’approccio di Coaching – ed in particolare del Gestalt Coaching – rispetto al Counseling ed alla Psicoterapia nei vari contesti del lavoro, dello sport e della vita quotidiana. Il relatore condurrà successivamente  una seduta applicativa di Coaching su tematiche, problemi ed obiettivi portati dai partecipanti. Sarà dato infine ampio spazio al confronto ed alla discussione tra i partecipanti.

Workshop 2Andrea Mameli – “Onocounseling, ovvero insieme all’asino”

L’obiettivo del workshop è quello di spiegare perché la Pet Therapy nella relazione d’aiuto raccontando la sua origine e i suoi fondamenti scientifici, attraverso quali canali e quali possibilità fornisce la regressione permessa dalla presenza di animali. Proveremo a trasferire ai partecipanti le motivazioni per cui abbiamo scelto l’asino come compagno nella triade di relazione che si viene a formare, della sua storia e delle sue caratteristiche e il suo comportamento. Sarà l’occasione per parlare di comunicazione intra e inter specifica e di come l’animale possa rivelarsi di fondamentale importanza nell’ascolto e nell’allenare le persone alla comunicazione consapevole. Parleremo del ruolo dell’operatore e dell’animale nella relazione d’aiuto e in particolare del ruolo del counselor. Faremo riferimento agli aspetti legislativi che regolano dal marzo 2015 la Pet Therapy in Italia e della necessità non prevista dal legislatore di una robusta preparazione personale che il counseling, come strumento d’elezione, può fornire. Infatti secondo le Linee Guida sugli Interventi Assistiti con gli animali è prevista la presenza nell’equipe di operatori con qualifica ma non formati.

Attraverso la proiezione di slide, foto e video daremo ai partecipanti la dimostrazione di sedute da noi stessi portate a termine e delle problematiche inerenti tutta l’attività.

Insomma riteniamo il counseling nella Pet Therapy, Onocounselig, una grande opportunità nella relazione d’aiuto in quanto centrata sulla persona, attraverso l’ascolto empatico di quest’ultima e non sulle misurazioni e standardizzazioni pur potendo collaborare anche con educatori e psicoterapeuti. Riteniamo anche che il counseling nella Pet therapy sia una grande opportunità per gli operatori di protezione nel proprio lavoro ma anche di affermazione di competenze non solo tecniche nella professione.

                     

Workshop 3Giuseppe Bolongaro e Andrea Gogliani – “Supervisione in counseling:  tratti teorici e pratici per la  professione di counselor”

La supervisione è considerata una necessità etica e professionale nelle attività sociali e pedagogico/educative costituendo un sistema di garanzia e di contenimento con cui l’utente può essere globalmente tutelato e protetto nel suo percorso di cambiamento, e il professionista può sentirsi supportato nello svolgimento del proprio lavoro.

Abbiamo pensato di utilizzare lo spazio del nostro incontro per definire un orizzonte comune sulla indispensabile pratica della supervisione nel counseling, scambiare esperienze e punti di vista proponendo brevi spunti teorici, attivazioni con l’aiuto della cinematografia e… quello che costruiremo assieme.

I focus saranno:

  • Supervisione, modalità e tecniche (la supervisione didattica e la supervisione professionale)
  • Il Supervisore interno (dal giudice al sostegno)

È previsto l’utilizzo di filmati per l’attivazione di esperienze partecipative.

 

Workshop 4Biancamaria Saetta – “Il counseling nutrizionale”

Nelle società occidentali, i problemi di eccesso di peso e obesità sono in rapida crescita. Al contempo, aumentano anche i disturbi alimentari che possono portare al sottopeso e alla malnutrizione.  Si profila una situazione paradossale: mentre alcune persone mangiano fino al punto di aumentare pericolosamente di peso, altre sono disposte a lasciarsi morire di fame pur di rimanere magre. Inoltre, sempre più ai giorni nostri, è in crescita la tendenza a intraprendere scelte alimentari inusuali, finalizzate a migliorare lo stato di salute (vegetarianismo, veganismo ecc.), non sempre sulla base di un’informazione corretta e consapevole, ma spesso per motivi etici, ideologici, emotivi. A complicare ulteriormente la questione, si aggiunge il fatto che, nelle società occidentali, esiste un vero e proprio food business che si adopera per produrre cibi sempre più sofisticati ed appetibili, fortemente sponsorizzati dai mass media, con lo scopo di fidelizzare i consumatori e spingerli a mangiare in eccesso. Se da un lato c’è la food industry che ingrassa la popolazione, dall’altro c’è diet industry che promette di riportarla in forma rapidamente, facendo leva sul bisogno sociale di magrezza e di bellezza. Inoltre, la grande quantità di informazioni, reperibili dai media, può dare l’illusione della libertà di scelta. Qualche volta, però, troppa libertà significa nessuna libertà, troppe notizie confondono, spinte e pressioni in direzioni contrapposte generano caos e disorientamento. In queste condizioni, può accadere che un singolo pezzo del puzzle sia scambiato per l’intero quadro, con conseguenze non sempre prevedibili; molte persone “perdono la bussola”, incappando in difficoltà che si autoalimentano e cronicizzano.
Come si colloca il Counseling Nutrizionale in questo ambito?
Il workshop attraverso spunti teorici e sviluppo di role playing intende far sperimentare le possibilità preziose dell’uso delle abilità di counseling in ambito nutrizionale. Inoltre, vuole sottolineare come tutte le professioni di tipo sanitario, arricchite ed implementate dall’acquisizione di queste abilità di comunicazione professionale, possono farsi portavoce di un modus operandi più efficace e promuovere una visione più “olistica”, incentrata sulla persona e non sul sintomo. Infine va ricordato che attraverso questa modalità comunicativa e relazionale, che mette l’uomo al centro delle sue scelte, è possibile dare impulso al trascurato ambito della prevenzione, attraverso la promozione di scelte e comportamenti alimentari più consapevoli ed il cambiamento degli stili di vita.

 

Workshop 5 – Enrica Scambia – “Cosa ci Lega”

Costruire una connessione sottile e leggera tra tutti mantenendo l’equilibrio e l’intenzione di rimanere connessi.   Tanti i metodi e le tecniche, del counseling che ogni counselor utilizza in un suo modo specifico. Allo stesso tempo ognuno, pur nella sua specificità condivide un mondo di aspirazioni, ideali, intenti comune agli altri counselor.

 

 Workshop 6 – Paolo Miglionico – “Il ruolo dell’empatia nel counseling”

Brevi cenni sulla gestione emozionale del counselor, sui livelli di empatia e addestramento con role playing.

 

Workshop 7Nicoletta Malesa“Cambio di paradigma nel contrasto della violenza di genere” Lavorare con gli uomini autori di violenza.

Sulle motivazioni che portano un uomo ad agire violenza sono date molteplici spiegazioni derivanti da diversi modelli teorici, ma non si è giunti a nessun risulato univoco che sia in grado di predire il comportamento violento. Chi sono quindi gli “Uomini Maltrattanti”? “Quando e come ci chiedono aiuto”?

La violenza è un tema scomodo. Quando questa è raccontata dagli uomini è facile cadere nel pregiudizio ed assumere un atteggiamento giudicante.

Lavorare con gli uomini violenti significa condannare il comportamento violento e salvare la persona.

 

Workshop 8Giovanna Borrello – “Counseling filosofico e ricerca di senso

La pratica del Counseling filosofico che si basa sulla Filosofia è la pratica più adatta per rispondere alla mancanza di senso che caratterizza la società moderna. Il work-shoop si dividerà in due parti, la prima parte teorica: illustrerò il Counseling come pratica filosofica e ricerca di senso; nella seconda faremo, invece, insieme esercizi spirituali e di senso.

 

Workshop 9 – Gianfranco Buffardi“Non esiste proprio” Riconoscere e gestire le rigidità culturali causa di disagio esistenziale.

Ogni singolo apprende un complesso numero di schemi mentali che consentono di superare le difficoltà quotidiane e di rispettare le regole di convivenza. Tali schemi, utili nella maggior parte dei casi, devono essere utilizzati in modo euristico e dovrebbero poter essere messi da parte lì dove fosse necessario: l’impossibilità di sospendere la loro funzione determina una rigidità di pensiero che è spesso alla base di condizioni di maladattamento esistenziale.
Il seminario ha lo scopo di avviare il counselor al riconoscimento di schemi rigidi ed alle possibili modalità per sostenere il consultante in un loro ricondizionamento autonomo.
Workshop 10 – Annalise Bosch – Anna Romanzi – “Somatic Gestalt Counseling e gli otto sensi” Cinque sensi fuori di noi e tre dentro

La Somatic Gestal ispirata alla Scuola di Lomi esprime un approccio di Counseling fondato sul principio che l’esperienza corporea (consapevole o no) determina sempre il modo in cui noi definiamo noi stessi, chi siamo, le nostre idee e convinzioni, e perciò come ci muoviamo nella vita.

Ogni qualvolta abbiamo un’esperienza dolorosa ma anche piacevole, ci portiamo dietro non soltanto la memoria e le emozioni ad esso connesse ma la ricordiamo anche a livello fisico.

Registrando quel che accade “qui e ora” in questo momento, entriamo in contatto con quello che veramente siamo e sperimentiamo attraverso gli otto sensi anzichè evitare o razionalizzare sentimenti ed emozioni corporee.

Attraverso la Mindsight “vista della mente”, la mente diventa consapevole della consapevolezza stessa, cos’ da poter prestare attenzione nel momento presente da un punto di vista non giudicante e non reattivo.

Il laboratorio diventa un luogo – spazio – tempo sicuro nel quale contattare cosa sta succedendo dentro di noi.

Attraverso la condivisione e il counseling somatico possiamo disattivare il pilota automatico e sviluppare soluzioni più adeguate per vivere e lavorare in modo soddisfacente.

Il workshop offre la possibilità di sperimentare l’approccio Gestaltico con il lavoro sul corpo attraverso il movimento e il tocco condiviso.

 

Workshop 11 – Maria Cristina Koch – “Counseling a Eduzione: un modo di abitare il mondo

Partendo dalla introduzione del libro di Maria Cristina Koch Il counseling per un nuovo Rinascimento in corso di pubblicazione si illustreranno le Counseling Skills® che vengono insegnate nei corsi di Sistema Counseling Eduzione.

Il workshop si articola in una esposizione di cosa intendiamo per Counseling Skills® e di come queste abilità possono essere usate con efficacia nel rispetto dei limiti fissati per un’attività di consulenza.

Successivamente alcune delle Counseling Skills® verranno lavorate insieme ai partecipanti in forma di laboratorio interattivo. In particolare ci focalizzeremo su come agiscono le tecniche del counseling operativo nella comunicazione tra le persone.

La finalità del workshop è condividere con i colleghi partecipanti i risultati della nostra ricerca di un significato del counseling come insieme di abilità e tecniche utili nella vita e nel lavoro.

I marchi Wikicounseling® e Counseling Skills® sono stati depositati allo scopo di tutelarne i contenuti affinché i partecipanti ai nostri corsi e alla Masterclass abbiano la garanzia di una formazione spendibile in diversi ambiti professionali.

 

Workshop 12 – Giacinto SabellottiCounseling, facilitazione e Nazioni Unite

In un mondo sempre più veloce serve la massima efficienza. E’ inutile riunire persone estremamente competenti senza preoccuparsi di assicurare la massima interazione.

Gli attuali modelli basati su vecchi concetti di gerarchia e controllo hanno cominciato ad essere sostituiti, sia nel pubblico, sia nel privato, da nuove strutture fondate su condivisione e sinergia.

Che ruolo possono avere i counselor in tale irreversibile processo? Quanti di voi conoscono gli strumenti dell’Open Space Technology e del Word Cafè?

Sappiate che mentre rispondete alle suddette domande, una fondazione che coinvolge Accademici di tutto il modo si sta impegnando a proporre profonde riforme istituzionali alla capillare ma obsoleta struttura delle Nazioni Unite.

Potranno i Counselor inserirsi professionalmente con profitto in tale opportunità? Basterà ricordarsi che prima o poi il giusto vento soffia, ma bisogna essere capaci di riconoscerlo ed avere il coraggio di alzare la vela!

 

Workshop 13 – Nadia Martignago“Un’esperienza di counseling in casa di riposo” – Caffè Filosofico e Laboratorio Plastico manipolativo

Secondo lo spirito di questo Congresso desidero raccontare e far vivere l’esperienza dei laboratori di art-counseling e di pratiche filosofiche, traendo due esempi da quelli che ho realizzato in questi due anni assieme ad anziani istituzionalizzati, al fine di co-costruire un miglioramento nella condivisione.

L ‘organizzazione, i ritmi e l’ambiente di certe case di riposo, soprattutto quelle molto grandi, tenderebbero ad appiattire ed uniformare la particolarità dei singoli, per questo lavoro con piccoli gruppi di sei-otto persone, in tal modo si crea un clima più intimo e personalizzato. La disposizione dei tavoli e delle sedie è volta a circoscrivere un piccolo spazio, anche nelle grandi stanze. Questo tipo di setting non è usuale e aiuta a ricreare un ambiente più familiare e accogliente in cui l’anziano si sente più contenuto e quindi si dispone più facilmente alla condivisione.

Gli anziani non scelgono di partecipare ad un laboratorio perché hanno dei problemi da condividere o cercano aiuto, partecipano all’inizio solo perché sono stati invitati a fare una nuova attività e si mettono in gioco solo se intravedono accettazione e accoglienza, dopo un po’ di tempo perché riferiscono di trovarsi bene nell’ambiente. L’obiettivo che tento di raggiungere è in ordine al benessere e questo diventa evidente quando si raccontano volentieri ed escono dall’incontro con un sorriso soddisfatto o divertito. I temi, che di volta in volta metto in campo per suscitare pensieri e riflessioni, lavorano nel sottofondo di un’attività che viene comunque vissuta come ludica per alcuni e come culturale per altri.

La scelta dei temi, sui quali costruire sia la pratica del Caffè Filosofico che i laboratori di manipolazione dell’ argilla o di arti grafiche, è molto importante, all’orizzonte c’è il tentativo di aiutarli a migliorare le relazioni sia all’interno del loro gruppo che con i familiari e per farlo cerco con loro di volgere lo sguardo e di ricondurli-ricondurci verso quelle che sono le dimensioni essenziali per il benessere: l’amore, la creatività, l’ autonomia e la cultura, la cura e il riconoscimento del proprio corpo e la cura verso i fratelli.

 

Workshop 14 – Francesca Speciani – “Il corpo del counselor” Anche i counelor hanno un corpo

Anche i counselor hanno un corpo: dargli attenzione significa avere a disposizione un raffinato rilevatore di informazioni e una risorsa preziosa per dare concretezza e umanità a ogni incontro.

Diversi esercizi e tecniche di bodywork aiutano a fare del corpo uno strumento sensibile e affidabile, capace non solo di captare e registrare informazioni sottili, ma anche di facilitare il flusso di pensieri, emozioni e azioni invece di intralciarlo.

La consapevolezza delle risposte corporee a ciò che avviene in seduta estende le nostre possibilità e la precisione degli interventi, favorendo la capacità di muoverci nelle sedute con sicurezza e disinvoltura.

Accanto alle parole che usiamo, la nostra presenza fisica nel corso della seduta (anche solo attraverso l’attenta modulazione della voce e delle espressioni del viso) sostiene concretamente il cliente nel suo processo e nella sperimentazione di soluzioni non stereotipate.

Questo workshop esperienziale vuole essere un invito a non limitare le nostre capacità di pensiero e di esplorazione della realtà alla sola mente, ma a concederci la possibilità di calarci nel qui e ora ‘pensando con tutto il corpo’.

 

Workshop 15 – Cosimo Russo “L’amore come rapimento – L’analisi transazionale e il lato oscuro dell’attaccamento

Un caso: “Aiuto non riesco a lasciare la mia ragazza”

Il percorso analitico di Counseling AT è incentrato su di un giovane di nome  Teseo 22 anni, giovane riservato, solitario con una fobia sociale.

Teseo fin da piccolo ha imparato ad usare la sua passività, il pianto e la disperazione per tenersi vicino la mamma, tanto che quando piangeva, e questo accadeva spesso, la mamma non lo portava a scuola materna ed elementare, e questo meccanismo si protrarrà fino alla scuola superiore con meccanismi diversi, tanto che Teseo prenderà il diploma presso un Istituto privato.

Teseo a 21 anni si innamora di una ragazza di nome Venere e anche qui la relazione si struttura intorno al vecchio meccanismo che Teseo applica automatica mente, cioè utilizzare la passività/aggressività per tenersi vicino una persona cara. Questo meccanismo va avanti per un po’ ma poi precipita in liti continue, silenzi, incomprensioni, poca intimità, anche i rapporti sessuali sono fortemente ridotti ad una volta al mese.

A questo punto Venere decide di lasciare Teseo e trasferirsi a Parigi per lavoro e ci rimane svolgendo mansioni di cameriera presso un ristorante. Teseo non se ne fa una ragione e continua a rimanere attaccato alla ragazza, nonostante lei lo abbia lasciato e dopo diverse relazioni saltuarie ha dato vita ad una relazione d’amore più stabile con un giovane parigino. Teseo nei colloqui analitici dice due cose contrastanti e cioè a) di non amarla più, b) di essere ancora attaccata a lei tanto da dire ad amici e parenti di essere ancora fidanzato.

La sua convinzione è: “Se dico che sono stato lasciato mi considerano debole è questa è una vergogna che non sopporto”.

La consapevolezza dei sintomi che avverte Teseo: fobia sociale, rigidità, nei rapporti affettivi, difficoltà nella elaborazione del distacco) gli permette di lavorare nel tempo su due contratti di Counseling: 1) imparare ad affrontare la vita da solo e fare i conti con questo dolore, 2) Imparare a lasciarsi andare agli affetti ed esprimere ciò che veramente sente.

Il lavoro così si evolve verso una crescita individuale autentica, una capacità di socializzare e stare nel mondo in maniera piena, viversi le relazioni affettive in modo intimo e consapevole.

 

Workshop 16 – Rodolfo Sabbadini – “La pratica del counselling drammaturgico”

Il Metodo Drammaturgico, nella relazione di counselling, si struttura prendendo le mosse da tre prospettive in sinergia tra loro:

  • la prospettiva teorica, che si avvale prevalentemente della scuola psicologica analitico transazionale;
  • la prospettiva tecnica, che utilizza procedure di intervento formulate dal Conversazionalismo e dal Metodo teatrale di K.Stanislavskij;
  • la prospettiva metodologica finalizzata ad ottimizzare le tecniche, in coerenza con la teoria, nella concezione drammaturgica;
  • la prospettiva filosofica che richiama il pensiero del pragmatismo americano di J.Dewey, in termini di valorizzazione della visione soggettiva del mondo.

Tale strutturazione favorisce la risposta ai requisiti caratterizzanti la professione di counsellor, concependo il lavoro con il cliente come la collaborazione di due sceneggiatori che si impegnano a costruire un “oggetto” terzo ad entrambi, e cioè una storia il cui protagonista è un alter ego del cliente.

Il testo narrativo così realizzato rappresenterà una delle possibili risposte al problema oggetto del lavoro, che diventa – in tal modo – una sorta di paradigma al quale possono essere ricondotte innumerevoli analoghe situazioni.

Il lavoro prodotto dalla coppia counsellor-cliente si sviluppa attraverso le seguenti tappe:

  • Incontro
  • Focalizzazione del problema (Sapere, Sapere Come Fare, Fare)
  • Contratto
  • Creazione dei personaggi
  • Formulazione del Prologo
  • Formulazione dell’Epilogo
  • Co-creazione della storia-sceneggiatura
  • Eventuale recitazione del testo
  • Scrittura della storia
  • Follow up.

Il conduttore del workshop, dopo un’introduzione al Metodo Drammaturgico, sarà disponibile ad esemplificare, attraverso uno o più colloqui proposti dai partecipanti, le diverse fasi del metodo e la loro finalità.

   

Workshop 17 – Mara Lupo Stanghellini“Pensare la madre”  Counseling a mediazione corporea e laboratorio di Educazione alla teatralità

  • Laboratorio esperienziale di Counseling a mediazione corporea attraverso un approccio metodologico proprio dell’educazione alla teatralità.
  • Fare esperienza – nel corpo – dei cardini del Counseling: empatia, accettazione, congruenza.
  • Dallo stereotipo all’archetipo.

Il workshop prende spunto dal testo “Nel nome della madre” – ripensare le figure della maternità.

“Il testo vuole ripensare la figura della madre evitando di trattarla come portatrice di un destino biologico e di una funzione extrasoggettiva e discutere di narrazioni che non archivino la maternità dentro il perimetro simbolico di un origine lontana, di un ricordo e di un feticcio ideologico. Sperimentare uno sguardo che trasformi il mondo della madre in un’avventura, in qualcosa che non “è” soltanto, ma che “esiste”. Daniela Brogi

Il workshop si svolge nella modalità propria del “laboratorio teatrale” dove:

“Il laboratorio è il luogo delle emozioni, e si divide in tre fasi:

  • Nella prima si fanno esperienze nuove che colpiscono profondamente.
  • Nella seconda, il mancato funzionamento degli schemi classici di difesa porta a nuove possibilità e nuove re-azioni.
  • Nella terza si verifica il processo della distensione, in cui si recupera l’equilibrio personale, anche se gli schemi organizzativi sono mutati.” Gaetano Oliva

“Il passato, non sta dietro le nostre spalle, sta sopra di noi. E’ ciò che rimane della dimensione verticale”. Eugenio Barba

“Raggiungere le passioni attraverso le loro forze, anziché considerarle astrazioni pure, conferisce all’attore una maestria che lo eguaglia a un autentico guaritore. Sapere che l’anima ha uno sbocco fisico permette di raggiungere l’anima in senso inverso”. Antonin Artaud

“Per donarsi è necessario, per prima cosa, che l’attore si possieda. La sincerità non è altro che questo possedersi”. Jaques Copeau

 

Workshop 18 – Massimo Gaudieri – “Due persone a cena sei persone a tavola” Il counseling Analitico Transazionale

Quali sono i contesti interni e/o ambientali che spingono le persone ad arrivare da noi? Quali sono i disagi emergenti che portano al primo incontro? In quali casi questi disagi sono di pertinenza del clinico e quando, in quanto disagi umani ed esistenziali, rappresentano la manifestazione esteriore della ricerca del benessere e della felicità? Può il Counselor essere l’operatore di aiuto di fronte a disagi, anche acuti, che rappresentano la dinamicità umana nelle sue molteplici manifestazioni e conflittualità? Le limitazioni del campo di applicazione della professionalità del Counselor, possono rappresentare anche una limitazione della sua professionalità in termini di formazione e limiti di intervento o, viceversa i limiti del campo di applicazione devono rappresentare unicamente la definizione dei soggetti con cui praticare la propria professionalità? Ha senso l’autolimitazione del Setting? Il Setting breve, quando non è giustificato dal metodo e dall’approccio utilizzati? Chi ha la responsabilità di porre un limite dell’intervento finalizzato alla promozione del benessere, il cliente e l’operatore in funzione degli obiettivi e della competenza, o è un limite che dobbiamo porci a prescindere da obiettivi e competenze? È possibile una relazione d’aiuto efficace, anche in ambito non clinico, che non tenga conto della complessità insita nella persona che abbiamo di fronte? Può il Counseling farsi schiacciare sotto il peso dei paradossi e delle incongruenze della Psicologia Italiana? Counseling breve o Psicoterapia breve, sono realmente sempre possibili? Viceversa quali sono le condizioni in cui un accordo a breve termine non inficia l’efficacia? Durante il Workshop voglio discutere questi, ed altri temi, di stretta pertinenza del destino del Counseling e dei Counselors, avendo come punto di riferimento l’ottica Analitico Transazionale.

 

Workshop 19 – Pietro Bonanno“Dall’Io al Tu: il potere curativo dell’incontro”

Fine di questo workshop è quello di esplorare le varie modalità di entrare in relazione con l’altro.

Secondo Martin Buber, filosofo dialogico, abbiamo due modalità di entrare in relazione, una modalità che si interfaccia all’altro come un esso: asse Io Esso, ed una modalità che si interfaccia all’altro come un Tu: asse Io Tu.

Nel primo caso la persona che ci sta di fronte verrà vissuta per quello che rappresenta nella nostra griglia di riferimento simbolica, mentre nella seconda modalità si realizza la possibilità d’incontrare l’altro nella sua vera essenza: di incontrare il Tu che si manifesta davanti a me.
Il workshop è strutturato in una parte teorica che si focalizzerà sulla fenomenologia dell’Incontro, ed in una parte esperienziale, nella quale i partecipanti potranno esplorare la propria modalità di relazione con l’altro ed i meccanismi d’interruzione e distorsione che
impediscono un reale incontro, condizione necessaria in ogni forma di relazione
d’aiuto.

 

Workshop 20 – Filippo Petruccelli“L’Identità di genere”

L’identità di genere (IDG) può considerarsi la base del costrutto dell’identità personale.

Alla domanda “Chi sono?” rispondo con un nome che immediatamente identifica il mio genere. Poi viene il resto indicato sulla “carta di identità”, successivamente interessi, competenze, ecc.

A volte l’IDG è atipica: devianze dalla norma possono intervenire al momento del concepimento o dello sviluppo ormonale. Inoltre molte persone possono avvertire di avere un’”anima” di sesso opposto a quello del proprio corpo. In questo caso si parla di Disforia di Genere (DIG).

Il percorso di chiarificazione o cambiamento dell’IDG prevede l’intervento di un’equipe di vari professionisti: medico, psicologo, assistente sociale, avvocato, counselor. Quest’ultimo è in particolare responsabile di una fase molto delicata del percorso di cambiamento dell’IDG: educare o rieducare il cliente al nuovo ruolo sociale e chiarire le aspettative affettive e sessuali relative a tale nuovo ruolo.

 

Workshop 21 – Virginia Vandini – “Counseling e Psicogenealogia”  L’influsso degli avi nella nostra vita

Spesso i nostri ascendenti li richiamiamo alla memoria o in una cosiddetta data anniversario o quando si osserva, per esempio, la somiglianza tra il volto o il temperamento di un bisnonno e quello di un figlio fino ad affermare o sentirsi dire la fatidica frase “sei come mia madre, ricordi in modo impressionante la sorella di mio padre”.

Eppure i nostri avi non “influenzano” solo il colore degli occhi, il tipo di corporatura o certi atteggiamenti. Secondo la psicogenealogia o psicologia transgenerazionale che affronta i legami invisibili presenti tra noi e chi ci ha preceduto, ogni sistema familiare crea un campo di memorie dove si registrano accadimenti, sogni, aspettative, traumi. Quando una persona all’interno del sistema muore lasciando sospesi, conflitti irrisolti, segreti inconfessati, ferite ancora aperte, chi viene dopo di lui/lei, ne può raccogliere l’eredità.

Per Anne Ancelin Schutzenberger, considerata la fondatrice della psicogenealogia, gli avi ci influenzano fino a 250 anni prima. Accade così che nella nostra vita crediamo di portare avanti i nostri desideri e obiettivi mentre in realtà essi sono le aspirazioni, le volontà di un nostro predecessore. Oppure si verifica che vorremmo tanto sviluppare dei progetti in ambito familiare/professionale, abbiamo le risorse e le competenze per farlo ma qualcosa, senza sapere bene cosa, ci trattiene, c’impedisce di andare fino in fondo e di compiere il salto.

Il presente workshop vuole offrire ai partecipanti un’esperienza finalizzata a trasformare un passato che pesa in un passato che sostiene e facilita le nostre scelte perché maturate alla luce di una comprensione più grande e anche più profonda.

I partecipanti sono invitati a portare foto di loro antenati.

     

Workshop 22 – Idalgo Carrara “La partnership nel counseling”

Si confronterà l’esperienza del counseling con quella della psicoanalisi, su un piano culturale epistemologico, alla ricerca di punti di contatto nell’incontro con l’altro e delle differenze, teoriche e metodologiche, che permettono di esprimere questi due percorsi come tipici della richiesta di aiuto dell’uomo moderno.

Le radici culturali, infatti, permettono d’intravedere, spunti di riflessione comuni intorno al discorso Uomo, e delle spinte di evoluzione che si possono disegnare, su però differenti strade, grazie alle discipline prese in esame.

 

Workshop 23 – Simonetta PerroneCounseling fotografico” Lo sguardo del ritratto

Farsi fotografare o fotografarsi significa produrre un’immagine di se stessi. Noi chiamiamo “ritratto” la raffigurazione delle fattezze di una persona, ma l’idea di base è che la riproduzione non sia meccanicamente fedele.

Porsi di fronte all’obiettivo permette di misurare la distanza, si potrebbe dire l’incertezza, tra la parte dell’io intenzionale e quella dell’io sconosciuto: il ritratto è opera della nostra faccia che atteggiandosi diversamente e offrendosi in maniera differente alla luce produce immagini insolite, rivelando anche a noi stessi ciò che si è, al di là dell’immagine che vogliamo dare.

L’interesse per il ritratto e l’autoritratto fotografici nasce dalla curiosità estetica che tenta di sperimentare le potenzialità di significazione innovative legate strettamente alla materialità del supporto e dello strumento.

Il workshop intende esplorare la possibilità creativa dell’utilizzo del ritratto nell’ambito dell’incontro di counseling. I partecipanti potranno sperimentare la potenza espressiva della raffigurazione fotografica di una persona, che avvicina sensibilmente l’intimità mettendo di fronte l’uno con l’altro. Un ritratto apre sempre una porta, un luogo, una condizione; da uno sguardo, da delle rughe, da un atteggiamento, da un’espressione del viso, da un sorriso, da delle vesti inusuali o in un nudo in chiaroscuro si possono intuire alcune cose e non solamente di apparenza estetica. Nei ritratti si trovano storie, complessità esistenziali, lo scorrere del tempo, segni mutevoli di impressioni e misteri, rappresentate nel tentativo di rispondere a una serie di domande spesso inespresse, ma ritornanti: “Chi sono io? Chi sono per gli altri? Chi sono per me stesso”.

 

Workshop 24 – Antonella MarchesielloIl counseling per promuovere la bigenitorialità

Nella società attuale counselor  , analisti e psicologi si confrontano quotidianamente con le  problematiche della separazione e del divorzio, vera “EMERGENZA SOCIALE”.

Spesso la richiesta riguarda la presa in carico di un figlio, “ PAZIENTE DESIGNATO”, che manifesta il sintomo ( un disturbo psicosomatico, un improvviso calo del rendimento scolastico, la dipendenza dalla droga ,etc) , ma il disagio interessa tutta la famiglia e nasce dal rapporto conflittuale dei genitori.

Il progetto “GENITORI ANCORA” è un progetto di counseling di gruppo con genitori separati o comunque in conflitto, che ho realizzato presso il mio studio di Pediatria e Counseling e che mi ha consentito di utilizzare lo strumento dell’Analisi  Transazionale per restituire “ in primis” il benessere psicologico ai genitori. In seguito  cio’ ha  avuto ricadute importanti sui figli, restituendo loro l’equilibrio psico-fisico e soprattutto il diritto inviolabile alla bigenitorialità.

 

Workshop 25 – Franca Silveri – Paolo Vigliar “Il conflitto interno alla base del conflitto di attribuzione”

Il conflitto è presente in tutti i tipi di relazioni.

È un elemento positivo quando porta alla cooperazione e favorisce il cambiamento.

È un elemento negativo quando porta alla competizione e determina processi distruttivi delle persone coinvolte e della relazione stessa.

Il conflitto di coppia è un conflitto tra opposte polarità.  Si viene a creare laddove esistono due identità diverse. L’incapacità di cambiare può determinare la crisi. I partner hanno una difficoltà a scegliere tra: negare sé stessi per mantenere la relazione; oppure negare l’altro rischiando di perdere la relazione.

Esistono molte aree conflittuali e varie sono le strategie errate usate dalla coppia per risolvere il conflitto. Tra i conflitti più comuni, presenti in mediazione familiare, emergono in figura i conflitti di attribuzione.

Nei conflitti di attribuzione la dinamica del conflitto è la reciprocità. Nella fattispecie, ciascun partner attribuisce colpe e responsabilità all’altro, soddisfacendo il proprio bisogno di autogiustificazione; immediatamente il destinatario ritorce le accuse contro il mittente.

Alla base del conflitto di attribuzione manifesto, spesso, c’è un conflitto interno alla persona, non consapevolizzato e delegato al partner mediante il conflitto di natura attributiva.

Il processo di mediazione familiare aiuta i partner a sviluppare la consapevolezza rispetto al conflitto da loro stessi agito; elabora alternative e consente di utilizzare le capacità decisionali della coppia, riducendo gli effetti negativi derivanti dal conflitto stesso.

Il conflitto in tutte le sue forme rappresenta il punto focale, non solo nella mediazione familiare, ma anche in tutte le relazioni d’aiuto. Diviene così fondamentale: identificarlo, farlo esplicitare, saperlo gestire.